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8 Maggio 2014Con una dieta efficace (alla portata di molti pazienti, per arrivare a un dimagrimento in media di 10 chili) il diabete regredisce in via definitiva in quasi un caso su due e questo si deve alle cellule del pancreas che producono insulina – le beta cellule – che ricominciano a funzionare grazie alla perdita di peso. Lo rivela una ricerca pubblicata sulla rivista Cell Metabolism e condotta da Roy Taylor della Newcastle University.
“I nostri dati – afferma Taylor – suggeriscono che se si interviene tempestivamente alla diagnosi con una dieta sostanziale si possono salvare le beta-cellule”.
“Questo studio – afferma Francesco Purrello, presidente della Società Italiana di Diabetologia e ordinario di Medicina Interna all’Università di Catania – conferma che all’inizio della malattia, subito dopo la diagnosi, bisogna agire prontamente e in maniera efficace sugli stili di vita per cambiare la prognosi della malattia se non addirittura farla regredire del tutto”.
Lo studio, aggiunge Purrello, dà anche conferma del fatto che non tutti i pazienti con diabete tipo 2 hanno le stesse alterazioni. “In alcuni di essi il difetto di produzione di insulinica è recuperabile. Questi pazienti vanno individuati subito, alla diagnosi, perché hanno le maggiori probabilità di far regredire la malattia. Questo lavoro dà un’ulteriore spinta verso la terapia personalizzata e la medicina di precisione del diabete tipo 2, malattia eterogenea e complessa”.
Il diabete colpisce nel mondo 422 milioni di persone e nel 90% dei casi si tratta di ‘diabete di tipo 2’ o insulino-resistente in cui, cioè, il corpo non risponde bene all’insulina (ormone che regola la glicemia, ovvero la concentrazione di zucchero nel sangue).
Fino alla sperimentazione clinica, denominata ‘Direct’, coordinata da Taylor in cui si è dimostrato che una dieta ferrea può portare la malattia in remissione, il diabete è stato sempre considerato una malattia cronica che peggiora col tempo. In questo nuovo studio Taylor ha riesaminato una parte del campione di individui che aveva partecipato a ‘Direct’, confrontando i pazienti che perdendo peso erano andati in remissione con quelli che, pur avendo perso peso, continuavano ad avere il diabete.
Ebbene, è emerso che la differenza tra questi due gruppi di pazienti è duplice: in primis gli anni trascorsi dalla diagnosi all’intervento con la dieta (meno sono gli anni, più aumentano le chance di guarigione). Poi il fatto che solo nei pazienti che vanno in remissione si osserva un immediato e duraturo miglioramento della funzione delle beta-cellule in seguito alla perdita di peso. In particolare migliorano produzione e rilascio immediati di insulina, quella, cioè, che viene messa in circolo subito dopo l’inizio di un pasto.
Questo studio arricchisce le conoscenze sui meccanismi che possono portare alla remissione del diabete e potrebbe dunque suggerire come favorire questa remissione su una maggiore percentuale di pazienti.
“Il lavoro – afferma Purrello – ha ricadute cliniche potenzialmente enormi: il diabete è in aumento spaventoso nel mondo perché gli stili di vita stanno via via peggiorando, sia come riduzione di attività fisica, sia come abitudini alimentari che peggiorano soprattutto nelle fasce di popolazione economicamente più svantaggiate, che comprano più cibo spazzatura, più economico di cibi sani come frutta, verdura e pesce”. Non a caso, infatti, il diabete appare sempre più legato allo stato socio-culturale ed economico delle persone. In altri termini, conclude Purrello, “se ti puoi permettere una sana alimentazione e l’attività fisica, sei meno a rischio di ammalarti”.
“Questa scoperta della reversibilità del diabete di tipo 2 mette in discussione il paradigma precedente, secondo il quale la disfunzione delle cellule beta è irreversibilmente persa nei pazienti con malattia conclamata”, spiega Giorgio Sesti, past president della Società Italiana di Diabetologia. “I risultati – aggiunge – sono importanti perché mettono in luce l’importanza del regime alimentare, non solo in una fase di prediabete ma anche quando è conclamato. Mostrano infatti che una corretta dieta non è un intervento meno importante rispetto ai farmaci, ma va di pari passo, perché attraverso la perdita di grasso intracellulare permette una progressiva riacquisizione della funzione delle cellule beta”.